venerdì 3 aprile 2020

Proprio della Projasmena di Lazzaro

VENERDÍ DI S. LAZZARO



Dopo il Canto del Kirie Ekèkraksa, cantiamo i seguenti inni.




Tono pl. 4.

1) Alla conclusione della quaresima benefica per l’anima, * chiediamo di vedere anche, o amico degli uomini, * la santa settimana della tua passione, * per glorificare in essa le tue magnificenze * e la tua ineffabile economia per noi, * cantando concordi: * Signore, gloria a te.

 Stesso tono.

2) Martiri del Signore, * supplicate il nostro Dio, * e chiedete per le nostre anime * molta compassione * e il perdono per le tante colpe: * vi preghiamo.

Seguono 5 idiómela di san Lazzaro. Tono pl. 2.

3) Volendo vedere la tomba di Lazzaro, * o Signore, * tu che ti accingevi ad abitare volontariamente la tomba, * domandi: * Dove lo avete posto? * E appreso ciò che non ignoravi, * chiami colui che ami: * Lazzaro, vieni fuori! * E ubbidí l’esanime * a colui che gli donava il respiro, * a te, Salvatore delle anime nostre. 

4) Signore, sulla tomba del morto da quattro giorni, * sulla tomba di Lazzaro sei venuto, * e, versando lacrime per l’amico, * tu risusciti il morto da quattro giorni, * o spiga della vita. * La morte fu cosí legata alla tua voce, * e dalle tue mani furono sciolte le bende funebri. * Allora fu colmo di gioia lo stuolo dei discepoli, * e dalla bocca di tutti * si elevò un’unica acclamazione concorde: * Benedetto tu sei, o Salvatore, * abbi pietà di noi. 

5) Signore, la tua voce ha distrutto * i regni dell’ade, * e la parola della tua potenza * ha risuscitato dalla tomba il morto da quattro giorni: * Lazzaro è divenuto salutare inizio della rigenerazione. * Tutto è possibile, o Sovrano, * a te che sei Re dell’universo: * dona ai tuoi servi il perdono * e la grande misericordia.

6) Signore, volendo far certi i tuoi discepoli * della tua risurrezione dai morti, * venisti al sepolcro di Lazzaro: * e appena tu lo chiamasti, * l’ade fu spogliato e lasciò libero il morto da quattro giorni * che a te acclamava: * Signore benedetto, gloria a te. 

7) Signore, prendendo con te i discepoli, * ti sei recato a Betania * per risuscitare il tuo amico; * dopo averlo pianto secondo la legge dell’umana natura, * come Dio lo hai risuscitato, * morto da quattro giorni, * ed egli a te, o Salvatore, acclamava: * Signore benedetto, gloria a te. 

Gloria. Idiómelon. Tono pl. 4.

 Stando al sepolcro di Lazzaro, * o Salvatore nostro, * chiamasti il morto e lo ridestasti come da un sonno; * al cenno dell’incorruttibilità, * egli si scosse di dosso la corruzione, * e alla tua parola uscí, legato dalle bende. * Tutto tu puoi, tutto è al tuo servizio, * o amico degli uomini, * tutto è a te sottomesso. * O Salvatore nostro, gloria a te.

Ora e sempre.

Al termine della quaresima benefica per l’anima, * acclamiamo: * Gioisci, città di Betania, patria di Lazzaro; * gioite, Marta e Maria, sue sorelle, * perché domani viene il Cristo * a ridar vita con la sua parola * al vostro fratello morto: * udendone la voce, * l’ade amaro e insaziabile, * tremando di timore e levando alti gemiti, * renderà libero Lazzaro stretto nelle bende. * Stupita dal prodigio, * la folla degli ebrei gli andrà incontro con palme e rami, * e si vedranno i bambini acclamare * colui che i padri invidiano: * Benedetto colui che viene nel nome del Signore, * il Re d’Israele.

INGRESSO

Fos ilaròn aghìas dhòksis athanàtu Patròs, uranìu, aghìu, màkaros, Iisù Christè, elthòndes epì tin ilìu dhìsin, idhòndes fòs esperinòn, imnùmen Patèra Iiòn, kiè àghion Pnèvma Theòn. Axiòn se en pàsi kierìs imnìsthe fonès esìes, Iiè Theù, zoìn o dhidhùs, dhiò o kòsmos se dhoxàzi. 

Luce gioiosa della santa gloria del Padre immortale, celeste, santo, beato, o Cristo Gesú! Giunti al tramonto del sole, e vista la luce vespertina, cantiamo il Padre, il Figlio e il santo Spirito, Dio. È cosa degna cantarti in ogni tempo con voci armoniose, o Figlio di Dio, tu che dai la vita: perciò a te dà gloria il mondo.


Letture


Prokimeno (Sal. 123, 8; 1) 

Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto il cielo e la terra. 

Se il Signore non fosse stato con noi, lo dica Israele. 

Lettura dal libro della Genesi (Capp: 49,33; 50, 1-25)

Quando Giacobbe ebbe finito di dare questo ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre, pianse su di lui e lo baciò. Poi Giuseppe ordinò ai suoi medici di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele e vi impiegarono quaranta giorni, perché tanti ne occorrono per l’imbalsamazione. Gli egiziani lo piansero settanta giorni. Passati i giorni del lutto, Giuseppe parlò alla casa del faraone: “Se ho trovato grazia ai vostri occhi, vogliate riferire agli orecchi del faraone queste parole: mio padre mi ha fatto giurare: Ecco, io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nel paese di Canaan. Ora, possa io andare e seppellire mio padre e tornare” Il faraone rispose: “Va e seppellisci tuo padre come egli ti ha fatto giurare”. Allora Giuseppe andò a seppellire suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa, tutti gli anziani del paese d’Egitto, tutta la casa di Giuseppe e i suoi fratelli e la casa di suo padre; soltanto i loro bambini e i loro greggi e i loro armenti essi lasciarono nel paese di Gosen. Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. Quando arrivarono all’Aia di Atad, che è al di là del Giordano, fecero un lamento molto grande e solenne ed egli celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. I Cananei che abitavano il paese videro il lutto di Atad e dissero: “È un lutto grave questo per gli Egiziani” Per questo la si chiamò Abel-Mizraim, che si trova al di là del Giordano. Poi i suoi figli fecero per lui come aveva loro comandato. I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efrom l’Hittita, e che si trova di fronte a Mamre. Dopo aver sepolto suo padre, Giuseppe tornò in Egitto insieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre. Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: “Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?” Allora mandarono a dire a Giuseppe: “Tuo padre prima di morire ha dato questo ordine: direte a Giuseppe: perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male! Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!” Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono in terra davanti a lui e dissero: “Eccoci tuoi schiavi!”, Ma Giuseppe disse loro: “Non temete, Sono io forse al posto di Dio? Se voi avevate pensato del male, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento e per i vostri bambini”. Così li consolò e fece loro coraggio. Ora Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; Giuseppe visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione ed anche i figli di Machir, figlio di Menasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuseppe disse ai fratelli: “Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe”. Giuseppe fece giurare ai figli di Israele così: “Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa”. 

Prokimeno (Sal. 124, 1) 

Chi confida nel Signore è come il monte Sion: non vacilla, è stabile per sempre. 

Lettura dal libro dei Proverbi. (Cap. 31, 8-25; Ecclesiaste: 7, 2-9)

Apri la bocca in favore del muto in difesa di tutti gli sventurati. Apri la bocca e giudica con equità e rendi giustizia all’infelice e al povero. Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito E non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi di un mercante; fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa ad un campo e lo compra E con il frutto delle sua mani pianta una vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. È soddisfatta perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con gli anziani dal paese. Confeziona tele di lino e le vende E fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dell’avvenire. E meglio andare in una casa in pianto che andare in una casa in festa; perché quella è la fine di ogni uomo e chi vive ci rifletterà. E preferibile la mestizia al riso perché sotto un triste aspetto il cuore è felice. Il cuore dei saggi è in una casa in lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa. Meglio ascoltare il rimprovero del saggio che ascoltare il canto degli stolti: perché com’è il crepitio dei pruni sotto la pentola è il riso degli stolti. Ma anche questa è vanità. Il mal tolto rende sciocco il saggio e i regali corrompono il cuore. Meglio la fine di una cosa che il suo principio; è meglio la pazienza della superbia. Non esser facile a irritarti nel tuo spirito, perché l’ira alberga in seno agli stolti.

TROPARIO DELLA FESTA

Tin kinìn anàstasin * pro tu su pàthus pistùmenos, * ek nekròn ìghiras ton Làzaron, Christè o Theòs; * òthen ke imìs, os i pèdhes, * ta tis nìkis sìmvola fèrondes, * si to nikitì tu thanàtu voòmen: * Osannà en tis ipsìstis, * evloghimènos o erchòmenos * en onòmati Kirìu.

Per confermare la comune risurrezione, prima della tua passione, hai risuscitato Lazzaro, o Cristo Dio, onde anche noi, come i fanciulli, portando i simboli della vittoria, a Te, vincitore della morte, gridiamo: Osanna nel più alto dei cieli, benedetto Colui che viene nel nome del Signore.

CANTO DEL LAZZARO NELLA TRADIZIONE MEZZOJUSARA

O mirë mbrëma

O mirë menatë;

Erda të ju thöshia

Një fjalëze e mirë

Një thamazëmë

Cë bëri Perëndìa

Tek ajò Horë

Çë i thonë Betania 

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