MERCOLEDÍ PRIMA DELLE PALME
Stichirà
Idiómelon del giorno.
Tono pl. 1.
1) Sono ricco di passioni, * e indosso la veste ingannatrice dell’ipocrisia, * facendo festa tra i vizi dell’incontinenza, * mentre do prova di somma crudeltà * trascurando il mio intelletto, * che giace davanti al portone della penitenza * affamato di ogni bene * e malato per la negligenza. * Ma tu, Signore, * fa’ di me un Lazzaro povero di peccati, * perché non mi accada di non poter avere nemmeno una goccia d’acqua da un dito * per la lingua tormentata dalla fiamma inestinguibile: * e collocami in seno al patriarca Abramo, * nel tuo amore per l’uomo.
Martyrikón.
2) Con un’intima disposizione mai smentita, * voi, martiri santi, * lungi dal rinnegare Cristo, * sopportando gli orrendi e svariati tormenti, * avete abbattuto l’arroganza dei tiranni * e custodendo stabile e immutabile la fede, * siete passati ai cieli: * poiché dunque avete ottenuto confidenza col Signore, * chiedete che sia donata pace al mondo, * e alle anime nostre la grande misericordia.
Stichirá prosómia, di Giuseppe. Tono pl. 1.
3) Aggirandoti oltre il Giordano, * secondo la carne, * dicevi, o Gesú, a quanti erano con te: * L’amico Lazzaro è morto * e ora già viene deposto nella tomba; * perciò mi rallegro per voi, amici miei, * affinché sappiate che tutto conosco, * essendo Dio non soggetto a limiti di spazio, * benché sia divenuto uomo visibile. * Andiamo dunque a ridargli vita, * perché la morte senta di essere già vinta in costui * e sperimenti la totale distruzione che farò di essa, * elargendo al mondo la grande misericordia.
4) Imitando, o fedeli, Marta e Maria, * mandiamo al Signore azioni divine, * come nostri messaggeri, * affinché egli venga a risuscitare il nostro intelletto * che giace morto, insensibile, * nell’orrendo sepolcro della negligenza, * incapace di percepire alcun timor di Dio, * e privo di energia vitale. * Gridiamo dunque: * Guarda, Signore, * e come risuscitasti un tempo l’amico Lazzaro, * o pietoso, * cosí, con la tua tremenda venuta, a tutti ridona vita, * elargendo la grande misericordia.
Di Teodoro. Tono pl. 2.
5) Passando due giorni nel sepolcro, * Lazzaro vede i morti da gran tempo: * osserva là strani esseri spaventosi, * una folla senza numero * prigioniera nelle catene dell’ade; * perciò gemono amaramente le sorelle, * vedendosi davanti la sua tomba. * Ma Cristo viene a dar vita al suo amico, * perché sgorghi da parte di tutti * una sola acclamazione concorde: * Benedetto tu sei, o Salvatore: * abbi pietà di noi.
Gloria… ora e sempre… Theotokíon.
Letture
Prokimeno (Sal. 114, 9;1)
Camminerò alla presenza del Signore sulla terra dei viventi.
Amo il Signore perché ascolta, il grido della mia preghiera.
Lettura dal libro della Genesi (Cap. 43, 25-31; 45, 1-16)
Essi prepararono il dono nell’attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno, perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo. Quando Giuseppe arrivò a casa, gli presentarono il dono che avevano con sé, e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. Egli domandò loro come stavano e disse: “Sta bene il vostro vecchio padre, di cui mi avete parlato? Vive ancora?” Risposero: “Il tuo servo, nostro padre, sta bene, è ancora vivo” e si inginocchiarono prostrandosi. Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino, suo fratello, il figlio di sua madre, e disse: “È questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?” e aggiunse: “Dio ti conceda grazia: figlio mio!”, Giuseppe uscì in fretta, perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: “Servite il pasto”. Allora Giuseppe non poté più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò: “Fate uscire tutti dalla mia presenza” Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli. Ma diede in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. Giuseppe disse ai fratelli: “Io sono Giuseppe! Vive ancora mio padre?”. Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza. Allora Giuseppe disse ai suoi fratelli: “Avvicinatevi a me!”. Si avvicinarono e disse loro: “Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l’Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone; signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d’Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: “Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito Signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù presso di me e non tardare. Abiterai il paese di Gosen e starai vicino a me tu, i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, i tuoi greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. Là io ti darò il sostentamento perché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell’indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi. Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla! Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre.”. Allora egli si gettò al collo di Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui. Intanto nella casa del faraone si era diffusa la voce: “Sono venuti i fratelli di Giuseppe!” e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri.
Prokimeno (Sal. 115, 14;1)
Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo.
Ho creduto anche quando dicevo: sono troppo infelice.
Lettura dal libro dei Proverbi. (Cap. 21, 23-31; 22, 1-4)
Chi custodisce la bocca e la lingua preserva se stesso dai dispiaceri. Il superbo arrogante si chiama beffardo, egli agisce nell’eccesso dell’insolenza. I desideri del pigro lo portano alla morte, perché le sue mani rifiutano di lavorare. Tutta la vita l’empio indulge alla cupidigia, mentre il giusto dona senza risparmiare. Il sacrificio degli empi è un abominio, tanto più se offerto con cattiva intenzione. Il falso testimone perirà, ma l’uomo che ascolta potrà parlare sempre. L’empio assume un’aria sfrontata, l’uomo retto controlla la propria condotta. Non c’è sapienza, non c’è prudenza, non c’è consiglio di fronte al Signore. Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia, ma al Signore appartiene la vittoria. Un buon nome vale più dell’argento e dell’oro. Il ricco e il povero si incontrano, il Signore ha creato l’uno e l’altro. L’accorto vede il pericolo e si nasconde; gli inesperti vanno avanti e la pagano. Frutti dell’umiltà sono il timore di Dio, la ricchezza, l’onore e la vita.
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