sabato 20 aprile 2019

La Resurrezione di Cristo: Icona e mistero

LA RESURREZIONE



    La tragedia del Golgota, come la presentano gli inni e le letture del Venerdì Santo e la riassume l'icona della Crocifissione, ebbe anche il suo epilogo: «E presone il corpo Giuseppe d'Arimatea lo avvolse in una sindone pulita e lo depose nel proprio sepolcro, che da poco aveva scavato nella roccia; fatta rotolare una grossa pietra all'entrata del sepolcro, se ne andò» (Matteo, 27, 59 60).

    Per gli Scribi e i Farisei l'astro di Gesù era tramontato. Avevano battuto il pastore e disperso le dodici pecorelle, i suoi discepoli. Avevano acquietato la loro ultima ansia per la possibile resurrezione di «quel seduttore», dal momento che avevano «assicurato il sepolcro, sigillando la pietra con un corpo di guardia» (Matteo, 27, 66). Eppure il trionfo di Cristo iniziava proprio da lì, dove i suoi nemici Lo avevano visto finire. 

    I primi canti di vittoria si ascoltano durante la santa officiatura della Resurrezione con l'inno: «Sei disceso nelle profondità della Terra e hai infranto sbarre secolari, che trattenevano prigionieri, o Cristo, e dopo tre giorni, come Giona dal pesce, sei risorto dal sepolcro» (Canone, Ode VI).

    Sulla discesa del Signore nell'Oltretomba non ci informano i santi Evangeli. Ma quattro passi scritturistici ne parlano esplicitamente: Salmo 16(15), 9 10, Atti 2, 3 1, 1 Pietro 3, 18 19 e 4, 6.

    Concorde è altresì la testimonianza dei Padri della Chiesa, come appare tanto dai loro scritti quanto dalle deliberazioni sinodali. Recita ad esempio il VII Concilio Ecumenico: «Professiamo Lui (il Cristo)... che ha saccheggiato l'Inferno e ne ha liberato i prigionieri di secoli» (Documenti). Aggiungiamoci pure le preghiere e gli inni del Culto divino, come pure l'evangelio apocrifo di Nicodemo. Da quest'ultimo, quattro passaggi ci faciliteranno la comprensione dell'icona della Resurrezione (I Anástasis, che di solito reca come dicitura I is àdu Káthodos, la Discesa agli Inferi).

l. «Noi dunque   raccontano coloro che sono risorti dai morti   eravamo all'Inferno insieme a tutti coloro che dormivano dai secoli. Alla mezzanotte da quell'oscurità sorse come la luce di un sole e brillò, e tutti ne fumino illuminati e ci vedemmo l'un l'altro. E subito il nostro padre Abramo, unitosi ai patriarchi e ai profeti, e tutti ricolmi del pari di gioia si dissero tra loro: questa è la luce di una grande illuminazione ... ».

2. «Poi venne nel mezzo un altro asceta dal deserto, e i patriarchi gli dissero:  Chi sei?  E quegli rispose:   lo sono Giovanni, il compimento dei profeti che ho reso dritte le vie del Figlio di Dio ed ho annunciato ai popoli il pentimento e la remissione dei peccati ... ».

3. «Mentre così l'Ade parlava con Satana, il Re della Gloria stese la destra, afferrò e svegliò il progenitore Adamo. Quindi, voltosi verso gli altri, disse:   Qui con me, tutti voi che siete periti per il legno che costui ha toccato: ecco, per mezzo del legno della croce vengo a destarvi ... ».

4. «Allora il Re della Gloria, afferrato per il capo il tiranno Satana e consegnatolo agli angeli, disse:   Legatene mani e piedi e collo e bocca con ferri... . Poi, riconsegnandolo all'Ade, disse:   Prendilo e custodiscilo bene fino alla mia seconda venuta! ». (Il, 1   VI, 2).

    In accordo con la dottrina della Chiesa, l'annuncio della salvezza fu diretto a tutti i morti, non soltanto ai giusti dell'Antico Testamento. Naturalmente non tutti furono salvati. Si salvarono coloro che allora avevano creduto e avevano regolato le loro vite in ossequio alla legge di Dio.

    La narrazione dell'evangelio apocrifo di Nicodemo, l'affermazione dell'apostolo Pietro secondo cui il Signore «diede l'annuncio anche alle anime che giacevano in carcere (nella prigionia dell'Inferno)», come pure ciò che annunziano i tropari della Resurrezione della nostra santa Chiesa, offrono materiale all'iconografo ortodosso per comporre la santa icona dell'Anástasis.

    L'icona della Resurrezione nella Chiesa ortodossa prevede due tipi: l'uno è la discesa di Cristo nell'Ade, della quale s'è appena trattato; il secondo soggetto iconografico è quello che rappresenta a volte Pietro e Giovanni di fronte al Sepolcro vuoto, a volte l'angelo che, «seduto sulla pietra» apparì alle Mirofore. Più tardi l'icona della Resurrezione con questo soggetto si arricchì delle scene con l'apparizione del Cristo a Maria Maddalena (il "Noli me tangere", Mí mu áptu) e alle due Marie (il Saluto delle Mirofore, Chére tón Mirofóron). L. Uspensky scrive in proposito: «Queste due composizioni sono usate nella Chiesa ortodossa come icone della Resurrezione. Nell'iconografia ortodossa tradizionale il momento vero e proprio della Resurrezione di Cristo non fu mai raffigurato. Tanto i Vangeli quanto la Tradizione della Chiesa mantengono il silenzio su quel momento e non dicono come il Signore sia risorto, cosa che non fanno per la resurrezione di Lazzaro. Neppure l'icona lo mostra. Questo silenzio esprime chiaramente la differenza che sussiste tra i due eventi. La resurrezione di Lazzaro era un segno che tutti potevano capire, di contro, la Resurrezione di Cristo fu inaccessibile a qualsiasi razionalizzazione... Il carattere imperscrutabile per la mente umana di questo evento e, di conseguenza, l'assurdità di una sua eventuale raffigurazione è il motivo per cui sono assenti le immagini della Resurrezione in sé. Perciò nell'iconografia ortodossa esistono due icone che rispondono al significato di questo evento e sono complementari l'una all'altra. La prima è una rappresentazione simbolica: raffigura l'attimo che precede la Resurrezione in corpo e in spirito di Cristo, la discesa negli Inferi, la seconda l'attimo che segui la Resurrezione, la storica visita delle Mirofore alla Tomba di Cristo».
    Quanto è stato osservato si accorda ai Tropária anastásima della nostra Chiesa, che sottolineano l'insondabile mistero della Resurrezione e lo mettono in parallelo con la Natività di Cristo dalla Vergine e la Sua manifestazione ai discepoli dopo la Resurrezione («Sei venuto fuori dal sepolcro, cosi come fosti partorito dalla Vergine»; «Come uscisti dalla tomba pur sigillata, così Ti presentasti attraverso le porte pur chiuse ai Tuoi discepoli»).
    Oltre i due tipi di rappresentazione or ora trattati, se ne incontra un altro nelle nostre chiese: quello che mostra il Cristo nudo, con un mantello gettato sulle spalle, mentre esce dalla Tomba reggendo un vessillo rosso. Quest'icona non è ortodossa, bensì occidentale. Prevalse in Oriente al tempo in cui l'aghiografia ortodossa di tradizione bizantina fu soppiantata sin dalla radice a causa dell'imporsi della pittura del Rinascimento. t stato sostenuto che «la grande preferenza nei confronti della resa all'occidentale della Resurrezione è dovuta, tra l'altro, anche all'influsso dei pellegrini dei Luoghi Santi, poiché sopra l'ingresso del Santissimo Sepolcro si trovava un'icona della Resurrezione di maniera occidentale, del tutto simile, la quale, ricopiata sotto forma di vari souvenirs dei pellegrini, diventò modello per molti pittori. Così possiamo arguire come il concreto tipo iconografico si sia trasmesso tanto dall'Occidente quanto dalla Terra Santa» (Icone dell’Arte Cretese.... pag. 357).
    Passiamo dunque a presentare l'icona della Resurrezione, detta anche della «Discesa agli Inferi», perché «è questa la genuina immagine della Resurrezione, che gli antichi iconografi ci hanno trasmesso, in accordo con l'innodia della nostra Chiesa. Esplicita attraverso la pittura tutti i significati sacri e simbolici che in particolare esprime il tropario, notissimo a tutti e cantato da tutti, dai piccoli ai vecchi: "Christòs anésti ek nekrón... Cristo è risorto dai morti, con la morte calpestando la morte, e a coloro che giacevano nei sepolcri donando vita"» (F. Kóndoglu).


DESCRIZIONE DELL'ICONA.

    Ai piedi dell'immagine, tra rupi scoscese, si apre una voragine oscura. Discemiamo i sarcofagi di marino, le porte della dannazione con le serrature, i chiodi e i chiavistelli sparsi qui e là, come pure le figure di Satana e di Ade con i visi spaventati e gli occhi vitrei. Sono gli «abissi della Terra», «le dimore di Ade», in cui il Signore scese per dare l'annuncio della salvezza «a coloro che vi dormivano da secoli».
    Al di sopra della cavità, al centro dell'icona, si avanza il Vincitore della morte, il Cristo. L'aureola sul Suo capo, le sue raggianti vesti d'oro e di porpora e l'aspetto trionfale del suo volto si accordano in pieno con quel distico dell'officiatura di Pasqua: «Cristo, sceso da solo a battaglia contro Ade, ne risalì dopo aver preso gran bottino di vittoria».
    Cristo ritorna in trionfo dalla sua lotta. A tenerLo per la mano è Adamo, mentre, inginocchiato, lo guarda con gratitudine. Dietro di lui Eva, con un mafórion tutto rosso e presso di lei i giusti, che aspettavano con fede la venuta del Salvatore. In mezzo ad essi Abele, che per primo provò la morte. Sul lato sinistro sono rappresentati i re e i profeti dell'Antico Testamento Davide, Salomone, Mosé, con il Precursore e altri. Tutti costoro hanno riconosciuto il Salvatore disceso negli Inferi ed hanno preparato il suo annuncio, così da trovare risposta nelle anime dei defunti.
    In alcune icone la rappresentazione del Signore trionfatore è più accesa, perché in esse Egli regge con la mano la vivificante Croce, l'«invincibile trofeo» della pietà, con cui ha annientato la potenza e il dominio della morte.
    Altrove abbiamo nella parte alta dell'immagine due angeli che tengono in mano i simboli della Passione e nella spelonca la morte, raffigurata sotto le sembianze di un vecchio in catene.
    Questi è stato legato dagli angeli nei suoi stessi ceppi, tramite i quali teneva vincolato e sottomesso il genere umano.
    Racchiudono la raffigurazione due rocce grigie con ripiani piatti e le iscrizioni: H ANACTACIC / IC XC.
    È stato ben osservato che «la composizione dell'icona è profondamente studiata, fin nei più piccoli particolari.
    Tutto, dalla configurazione delle rocce in secondo piano fino agli stessi rapporti di colore, contengono un senso più profondo ed obbediscono ad un disegno generale. La rappresentazione figurativa del testo apocrifo acquisisce un carattere simbolico. Nel contempo, tuttavia, non si perde il rapporto con gli episodi concreti del testo» (Icone dell'Arte Cretese..., pag. 327).


IL SIGNIFICATO SIMBOLICO DELL'ICONA.

    Riscontriamo la valenza simbolica della nostra icona nei relativi tropari della nostra Chiesa (Anastásima tropária). In essi la liberazione dai ceppi dell'Inferno è legata alla liberazione di tutti gli uomini, come ad esempio notiamo nel seguente tropario: «Signore che ascendesti sulla Croce, hai cancellato la nostra maledizione atavica; e disceso in Ade hai emancipato coloro che da secoli erano in catene, facendo dono al genere umano dell'incorruttibilità; per questo, inneggiando rendiamo gloria alla tua vivificante e salvifica Resurrezione» (Apóstichon anastásimon dell'Esperinós, Tono IV).
    La Resurrezione di Cristo ha trasportato coloro che credono in Lui dalla morte alla vita. Come dice Giovanni Crisostomo nel suo Lógos Katichitikós. «Resuscitò Cristo, e non v'eran più morti nei sepolcri. Perchè Cristo, ridestato dai morti, divenne principio di coloro che si erano addormentati».



Tratto da CH. G. Gòtzís, 0 Mistikòs kósmos tón Vizandinón ikónon (11 mondo mistico delle icone bizantine), Diaconia Apostolica, Atene, 1995 2.


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