lunedì 6 aprile 2020

I Primi tre giorni della Settimana Santa



Lunedì, Martedì, Mercoledì
della Grande e Santa Settimana





La Fine



Questi tre giorni, che la Chiesa chiama Grandi e Santi hanno uno scopo molto preciso all’interno dello svolgimento liturgico della Santa Settimana. Essi dispongono tutte le sue celebrazioni, nella prospettiva della Fine; ci ricordano il significato escatologico della Pasqua. Molto spesso la Santa Settimana è considerata una delle “belle tradizioni” o delle “abitudini”, una “parte” ovvia del nostro calendario. La diamo per scontata e ne godiamo come di un evento annuale a noi caro, che abbiamo “osservato” sin dall’infanzia, di cui ammiriamo la bellezza delle ufficiature, lo sfarzo dei riti e, ultimo ma non meno importante, ci piace il frastuono della tavola pasquale. E poi, quando tutto questo è stato fatto riprendiamo la nostra normale vita. Ma abbiamo capito che, quando il mondo ha respinto il suo Salvatore, quando “Gesù ha cominciato ad essere triste e molto addolorato... e la sua anima è stata oltremodo triste fino alla morte”, quando Egli è morto sulla croce, la “normale vita” è giunta alla sua fine e non è più possibile. Poiché erano di quelli “normali” gli uomini che gridavano: “Crocifiggilo!”, che lo schiaffeggiarono e lo inchiodarono alla Croce. Ed essi lo hanno odiato ed ucciso proprio perché Lui stava turbando la loro vita normale. È stato davvero un mondo perfettamente “normale”, che ha preferito le tenebre alla luce e la morte e la vita... Con la morte di Gesù, il mondo “normale”, e la “normale” vita sono stati condannati irrevocabilmente. O, piuttosto è stata rivelata la loro vera e anormale incapacità di ricevere la Luce, il terribile potere del male in essi. “Ora è il giudizio è di questo mondo” (Giovanni 12, 31). La Pasqua di Gesù ha significato per “questo mondo” la sua fine, ed è stato alla sua fine da allora. Questa fine può durare per centinaia di secoli, ciò non altera la natura del tempo in cui viviamo come “ultima volta”. “La forma di questo mondo passa...” (I Cor. 7, 31).

Pasqua significa passaggio. La festa di Pasqua, era per gli Ebrei la commemorazione annuale di tutta la loro storia come salvezza, e della salvezza come passaggio dalla schiavitù d’Egitto alla libertà, dall’esilio alla terra promessa. Era inoltre l’anticipazione del passaggio finale – nel Regno di Dio. E Cristo era il compimento della Pasqua. Lui ha compiuto l’ultimo passaggio: dalla morte alla vita, da questo “vecchio mondo” in un nuovo mondo in un nuovo tempo, quello del Regno. Ed ha aperto la possibilità di questo passaggio per noi. Pur vivendo in “questo mondo” noi possiamo già essere “non di questo mondo”, cioè, essere liberi dalla schiavitù della morte e del peccato, partecipi del “mondo a venire”. Ma per questo dobbiamo anche effettuare il nostro passaggio, dobbiamo condannare il vecchio Adamo in noi, dobbiamo immergerci in Cristo nella morte battesimale e avere la nostra vera vita nascosta in Dio con Cristo, nel “mondo a venire...”.

E così la Pasqua non è una commemorazione annuale, solenne e bella, di un evento passato. Essa è questo Evento che si è mostrato in sé stesso, si è dato a noi, come sempre efficiente, rivelando sempre il nostro mondo, il nostro tempo, la nostra vita come alla loro fine, e per annunciare il Principio della nuova vita... E la funzione dei primi tre giorni della Santa Settimana è proprio quella di sfidarci con questo significato ultimo della Pasqua e prepararci alla comprensione e all’accettazione di esso.

Questa sfida escatologica (che vuol dire ultima, decisiva, finale) viene rivelata, in primo luogo, nel comune tropario di questi giorni:



Tropario – Tono 8:

Ecco lo Sposo viene nel mezzo della notte, e beato è il servo che Egli trova a vegliare e, invece, è indegno il servo che Egli trova noncurante. Guarda, dunque, anima mia, di non lasciarti opprimere dal sonno, per non essere consegnata alla morte e chiusa fuori del Regno! Ma, vegliando, grida: Santo, Santo, Santo, sei tu, il nostro Dio! Per l’intercessione della Theotokos, abbi pietà di noi!



Mezzanotte è il momento in cui il vecchio giorno giunge alla fine e comincia un nuovo giorno. È quindi il simbolo del tempo in cui viviamo come Cristiani. Infatti, da un lato, la Chiesa è ancora in questo mondo, condividendo le sue debolezze e le sue tragedie. Ma, dall’altro lato, il suo vero essere non è di questo mondo, perché lei è la Sposa di Cristo e la sua missione è di annunciare e di rivelare la venuta del Regno e del nuovo giorno. La sua vita è un perpetuo vegliare e attendere, una veglia puntuale fino agli albori di questo nuovo giorno. Ma sappiamo ancora quanto è forte il nostro attaccamento al “vecchio giorno”, al mondo con le sue passioni e i suoi peccati. Sappiamo quanto profondamente apparteniamo ancora a “questo mondo”. Abbiamo visto la luce; conosciamo Cristo, abbiamo sentito parlare della pace e della gioia della vita nuova in Lui, ma ancora il mondo ci tiene in schiavitù. Questa debolezza, questo costante tradimento di Cristo, questa incapacità di dare la totalità del nostro amore all’unico vero oggetto d’amore sono mirabilmente espressi nell’exapostilarion di questi tre giorni:

“La tua Camera Nuziale vedo ornata, o mio Salvatore, ma non ho la veste nuziale per poter entrare, o Datore di vita, illumina la veste della mia anima e salvami”.

Nessun commento:

Posta un commento