mercoledì 30 gennaio 2019

Spiegazione dell'Icona dell'Ypapandì


Descrizione dell’Icona

L’icona riproduce la scena dell’incontro e dell’abbraccio di Gesù col vecchio Simeone che avviene sulla soglia del tempio. Simeone abbraccia e adora colui che è la “luce per illuminare le genti” e la “gloria di Israele”. È l’incontro tra l’antica e la nuova alleanza. Simeone rispetto agli altri personaggi è posto più in alto, su un gradino, per indicare che egli si trovava nel tempio ed era in attesa della realizzazione delle promesse messianiche. Simeone ha il busto inclinato in segno di adorazione. Sul suo volto si legge la gioia e la commozione per la realizzazione delle promesse del Signore. Finalmente può vedere e abbracciare il suo Signore e cantare al Dio fedele: “ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola perché i miei occhi hanno visto la salvezza…”
Il bambino tra le braccia di Simeone è tutto proteso verso la madre in un gesto tenero che esprime da un lato tutta la vera umanità di Gesù, ma dall’altro, quella mano puntata verso la madre, è come se volesse indicare la partecipazione di Maria ai dolori del Figlio, è come se la mano del bambino indicasse non solo genericamente la madre, ma specificamente il suo cuore, facendo eco e sottolineando così le parole che Simeone dice in profezia a Maria: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
Maria è al centro della scena. Tende le braccia a Simeone nel gesto del “dono” e della “consegna”. Maria sa che quel bambino, carne della sua carne, è il Salvatore del mondo, il “Figlio dell’Altissimo” come le aveva detto l’angelo Gabriele il giorno dell’Annunciazione”. Maria è ricoperta da un manto rosso porpora su una tunica blu. Sul manto sono visibili le tre stelle che indicano la sua perpetua verginità. Sopra di lei si innalza un baldacchino con una tenda rossa alzata. È il velo del tempio che impediva alla gente di poter vedere oltre. Quel velo ora è alzato, grazie alla venuta di Gesù che ci introduce direttamente alla contemplazione del volto misterioso del Padre che prima della sua venuta era inaccessibile. Nel Protovangelo di Giacomo si racconta che Maria fin dalla sua tenera età, era stata portata al tempio per essere consacrata al Signore, e fu scelta da Sommo sacerdote per tessere il velo del tempio. Questo lavoro di tessitura di un arredo così importate del tempio, vuole essere prefigurazione della sua maternità miracolosa: Maria “tesse” nel suo grembo l’umanità di Gesù, vero Dio e vero uomo. Dietro Maria, proprio alle sue spalle, si trova la profetessa Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Rimasta vedova dopo appena sette anni di matrimonio, si era consacrata al servizio del tempio ed aveva ottantaquattro anni. Si unisce alla lode e al ringraziamento di Simeone e col dito indica Maria e il Bambino per indicarci sia il motivo della loro attesa, che della loro gioia e anche per introdurci nella fede in Cristo Salvatore. È come se “l’antico testamento” ci mostrasse il “nuovo testamento”. Nella mano sinistra Anna ha un rotolo aperto su cui è scritta la frase: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele”, che è la profezia che Simeone fa sul bambino. Nell’estrema parte sinistra dell’icona c’è la figura di Giuseppe, che rappresenta l’uomo davanti al mistero: ha tra le mani l’offerta delle colombe, assiste muto e pieno di meraviglia a quanto viene detto del Bambino. L’offerta delle colombe sta a sottolineare lo stato di povertà della famiglia di Nazaret. Infatti la legge così prescriveva per le famiglie povere: “Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed essa sarà monda” (Lv 12,8).

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