domenica 4 agosto 2019

06 Agosto 2019 - La Metamorfosi del Signore - Sinassario

SEI AGOSTO
    Il 6 di questo mese celebriamo la memoria della santa Trasfigurazione del nostro Signore Dio e Salvatore Gesù Cristo.


    Sei giorni dopo avere detto ai suoi discepoli: Ce ne sono qui che non assaggeranno la morte prima di avere visto il regno di Dio venuto in potenza, Gesù prese con sé i suoi discepoli prediletti Pietro, Giacomo e Giovanni; e portandoli in disparte salì su un’alta montagna: il monte Tabor in Galilea per pregarvi. Aveva deciso infatti che coloro che stavano per assistere alla sua agonia al Getsemani e che sarebbero stati i testimoni privilegiati della passione, fossero preparati a questa prova con lo spettacolo della sua gloria. Pietro, perché aveva appena confessato la sua fede nella sua divinità; Giacomo, perché fu il primo a morire per Cristo e Giovanni che testimoniò con la sua esperienza della gloria divina facendo risonare come figli del tuono la teologia del Verbo incarnato.
 Li fece salire sulla montagna, in segno dell’ascensione spirituale che, di virtù in virtù, conduce alla carità, virtù suprema che apre l’accesso alla contemplazione di Dio. L’ascensione è infatti il riassunto di tutta la vita del Signore che, rivestito della nostra debolezza, ci ha aperto il cammino verso il Padre, insegnandoci che l’hesichia è la madre della preghiera e che è la preghiera che ci manifesta la gloria di Dio.
    E mentre pregava, improvvisamente l’aspetto del suo volto divenne un altro, Egli si trasfigurò e brillò come il sole, mentre i suoi vestiti divennero splendenti, di un bianco sfolgorante, così come nessun lavaggio al mondo può sbianchire. Il Verbo di Dio incarnato manifestò così lo splendore naturale della gloria divina che possedeva in Lui stesso e che aveva conservato dopo la sua incarnazione, ma che restava nascosta sotto il velo della carne. Dal momento della concezione nel seno della Vergine, infatti, la divinità si è unita senza confusione con la natura della carne, e la gloria divina è divenuta, ipostaticamente, gloria del corpo assunto. Quello che Cristo manifestava così ai suoi discepoli sul monte non era dunque uno spettacolo nuovo, ma la manifestazione sfolgorante della divinizzazione in Lui della natura umana, compreso il corpo, e della sua unione con lo splendore divino.
    Mentre il viso di Mosè aveva rifulso di una gloria che veniva dall’esterno dopo la rivelazione del monte Sinai, il volto di Cristo apparve sul Tabor come una fonte di luce, sorgente della vita divina resa accessibile all’uomo, e che si spandeva anche sui suoi vestiti, cioè sul mondo esteriore e sui prodotti dell’attività e della civilizzazione umane.
    Egli è trasfigurato, dice san Giovanni Damasceno, non già assumendo ciò che non era, ma mostrando ai suoi discepoli ciò che egli era, aprendo loro gli occhi e, da ciechi che erano, rendendoli vedenti.
    Cristo aprì gli occhi dei suoi discepoli, ed è con uno sguardo trasfigurato dalla potenza dello Spirito Santo che questi ultimi videro la luce divina indissolubilmente unita al suo corpo. Essi stessi furono dunque trasfigurati, ed è nella preghiera che poterono vedere e conoscere il cambiamento avvenuto alla natura umana per il fatto della sua unione col Verbo.
    Come è il sole per le cose sensibili, tale è Dio per quelle spirituali; per cui gli evangelisti riferiscono che il volto del Dio-uomo, che è la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, brillava come il sole. Ma questa luce era in fatti incomparabilmente superiore ad ogni luce sensibile e, incapaci di sopportare il suo inaccessibile fulgore, i discepoli caddero a terra.
    Luce immateriale, increata e atemporale, era il Regno di Dio venuto nella potenza dello Spirito Santo, come il Signore aveva promesso ai suoi discepoli. Intravista allora per un istante, questa luce diverrà l’eredità permanente degli eletti nel Regno, quando Cristo verrà di nuovo, risplendente in tutto il fulgore della sua gloria. Egli tornerà nella luce, in questa luce che ha rifulso sul Tabor e che è scaturita dal sepolcro il giorno della sua resurrezione, e che, spandendosi sull’anima e sul corpo degli eletti, li farà risplendere anche loro come il sole. 
    Dio è luce e la sua visione è luce. Alla stessa maniera dei discepoli sulla sommità del Tabor, numerosi santi sono stati testimoni di questa manifestazione di Dio nella luce. Tuttavia la luce non è per loro soltanto oggetto di contemplazione, ma essa è anche la grazia deificante che permette loro di vedere Dio, di modo che si realizzano le parole del salmista: Nella tua luce, vedremo la luce.
    In seno a questa visione gloriosa, apparvero accanto al Signore Mosè ed Elia, le due cime del Vecchio Testamento, rappresentanti rispettivamente la Legge e i Profeti, che gli rendevano testimonianza come maestro dei vivi e dei morti. Ed essi si intrattenevano con lui, nella luce, dell’Esodo che Egli stava per compiere a Gerusalemme, cioè della sua passione, perché è per mezzo della passione e per mezzo della croce che questa gloria doveva essere data agli uomini.
    Usciti da loro stessi, rapiti nella contemplazione della luce divina, gli apostoli erano come oppressi dal sonno e, non sapendo ciò che diceva, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello che stiamo qui, e se vuoi faremo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia. Distogliendo il suo discepolo da questo desiderio troppo umano, che consisteva nel contentarsi della gioia terrestre della luce, il Signore mostrò loro allora una tenda migliore ed un tabernacolo di gran lunga superiore per mettere al riparo la sua gloria. Una nube luminosa li venne a coprire con la sua ombra, e la voce del Padre si fece sentire in seno a questa nube, portando testimonianza al Salvatore: Costui è il mio figlio diletto, in cui mi sono compiaciuto; ascoltatelo. Questa nube rappresentava la grazia dello Spirito di adozione; e, come al tempo del suo battesimo nel Giordano, la voce del Padre rendeva così testimonianza al Figlio e manifestava che le tre persone della Santa Trinità, sempre unite, collaborano alla salvezza dell’uomo.
    La luce di Dio, che aveva prima permesso ai discepoli di vedere Cristo, li fece accedere ad uno stato superiore alla visione e conoscenza umane quando sfolgorò più intensamente. Uscendo da tutto ciò che si vede, così come da essi stessi, essi entrarono allora nella tenebra super luminosa, nella quale Dio fa il suo rifugio, e chiudendo la porta dei loro sensi, vi ricevettero la rivelazione del mistero trinitario, che trascende ogni affermazione ed ogni negazione.
    Non ancora sufficientemente preparati alla rivelazione di tali misteri, perché essi non erano ancora passati attraverso la prova della Croce, i discepoli ne furono assai spaventati. Ma quando rialzarono la testa, videro Gesù, solo, ritornato al suo aspetto abituale, che si avvicinava ad essi e li rassicurava. Poi, scendendo dalla montagna, raccomandò loro di mantenere il silenzio su quello che avevano visto, finché il Figlio dell’uomo non sarà risorto dai morti.
    La festa di oggi è dunque per eccellenza quella della divinizzazione della nostra natura umana e della partecipazione del nostro corpo corrut-tibile ai beni eterni, che sono sopra la natura. Ancor prima di realizzare la nostra salvezza con la sua Passione, il Salvatore mostrò allora che lo scopo della sua venuta nel mondo era precisamente di condurre ogni uomo alla contemplazione della sua gloria divina. Per questa ragione la festa della Trasfigurazione ha conosciuto un favore particolare tra i monaci, che hanno consacrato la loro vita alla ricerca di questa luce.


Le Synaxaire – Vies des Saints de l’Eglise Orthodoxe – Éditions «To Perivoli tis Panaghias»
Thessalonique 1996

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