domenica 14 aprile 2019

Settimana Santa I. Dalla settimana di Lazzaro e la Domenica delle Palme al Giovedì Santo nella tradizione bizantina. ( di Sua Ecc.za Mons. Manuel NIN, OSB)


Ecco lo Sposo che viene nel mezzo della notte
La settimana che precede la Domenica delle Palme nella tradizione bizantina, segna quasi una conclusione, si potrebbe dire un voltare le spalle alla penitenza quaresimale per guardare il Signore che sale a Gerusalemme per esservi crocifisso e essere risorto al terzo giorno. La peregrina Egeria indica già la celebrazione della risurrezione di Lazzaro prima della Domenica delle Palme nella Gerusalemme del IV secolo, celebrazione poi recepita da tutte le Chiese cristiane -orientali e occidentali- in questa settimana precedente le Palme. È una settimana che ci fa seguire il cammino di Gesù verso Betania e quindi verso Gerusalemme; i testi liturgici ci fanno avvicinare in un modo molto pedagogico a questo cammino che Gesù porta a termine, ma soprattutto ci fanno avvicinare a quello che si manifesterà pienamente nei giorni santi, cioè la filantropia di Dio manifestata in Gesù Cristo, il suo amore reale e concreto per l'uomo. 
Il lunedì ci introduce nel cammino di Gesù verso Betania: "Oggi la malattia di Lazzaro viene manifestata a Cristo, che si trattiene al di là del Giordano... coi suoi apostoli verrà il Signore per risuscitare un nativo di questa terra". Il martedì prosegue col processo della malattia; i testi sottolineano la pedagogia voluta da Cristo anche dal suo attardarsi al di là del Giordano: "Oggi come ieri Lazzaro soffre la malattia... nella gioia, preparati Betania, per ricevere il tuo maestro e il tuo Re e canta con noi: Signore, gloria a te". Martedì al vespro e mercoledì si parla già della morte e quindi della sepoltura di Lazzaro: "In questo giorno Lazzaro consegna lo spirito... per riaffermare nel tuo amico la fede nella tua divina risurrezione che calpesta la morte e ci dà la vita; per questo noi ti lodiamo e ti cantiamo".
Nel mercoledì al mattutino troviamo presenti nei diversi tropari sia Lazzaro morto sia il povero Lazzaro di Lc 16: "I farisei, vestiti di porpora e di seta... hanno come tesoro la Legge e i Profeti; essi hanno fatto crocifiggere te, il Povero, fuori delle porte della città … e ti hanno rifiutato malgrado la tua risurrezione te, che sei da sempre nel seno paterno … La grazia sarà per loro come la gotta di acqua desiderata dal ricco empio... ed essi vedranno una moltitudine di pagani che nel seno di Abramo portano il vestito del battesimo e la porpora del tuo sangue…". .

Il giovedì sottolinea già la vittoria di Cristo sulla morte: "Lazzaro è nella tomba da due giorni... si avvicina il Creatore per spogliare la morte e darci la vita; per questo noi lo invochiamo: Signore, gloria a te". Infine il venerdì mescola la gioia dell’imminente risurrezione di Lazzaro e quella dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme: "O Cristo, che siedi sui serafini celesti nella divina maestà di Creatore dell'universo, adesso nella terra ti prepari a sedere su un asinello; Betania si rallegra di accoglierti come Salvatore, Gerusalemme si rallegra di ricevere il Messia atteso...". 
I testi del sabato di Lazzaro sono mescolati tra il tema della risurrezione di Lazzaro e quello della risurrezione di Gesù; si sottolinea il parallelo tra i due sabato: quello di Lazzaro e quello di Gesù dopo sette giorni: "Volendo vedere la tomba di Lazzaro, o Signore, tu che volontariamente ti accingevi ad abitare una tomba...". 

Tutta la sesta settimana di Quaresima viene inquadrata in questa contemplazione dell'incontro ormai vicino tra Gesù e la morte. La grande filantropia di Dio che si rivelerà nella croce di Cristo, ci viene fatta pregustare nella filantropia verso l’amico Lazzaro. Cristo si confronta dapprima con la morte dell''amico e poi, una settimana più tardi con la propria. E in questo suo cammino verso Betania e verso Gerusalemme i testi liturgici riescono a coinvolgerci appieno. 

Per quanto riguarda la Domenica delle Palme essa diventa e una conclusione della salita di Gesù verso Betania e verso Gerusalemme, e una apertura -un portico- della salita di Gesù verso la croce. Il primo aspetto, l'ingresso regale di Gesù a Gerusalemme, è visto come conseguenza della prima vittoria di Gesù sulla morte, quella di Lazzaro. L'ingresso di Gesù a Gerusalemme è una nuova teofania; Dio entra umile nella sua città: "Colui che ha per trono il cielo, e la terra come sgabello dei suoi piedi: il Verbo di Dio Padre, il Figlio coeterno, oggi viene a Betania, umilmente seduto su un puledro d'asina...Tu che cavalchi sui cherubini e sei esaltato dai serafini, come Davide monti su un puledro, o Buono…". E' chiara, dunque, la celebrazione attorno all'ingresso di Gesù: ingresso come Re a Gerusalemme; ingresso nell'umiltà nella vita sacramentale della comunità cristiana; ingresso nella vita di ogni cristiano, di ogni uomo.
Lunedì, Martedì e Mercoledì Santi. 

Nella tradizione bizantina nei tre primi giorni della Settimana Santa, viene messa in luce la figura di Cristo come Sposo, cioè le nozze di Dio con la Chiesa, con l'umanità. Questo è un fatto comune a tutte le liturgie orientali: le tradizioni siriache hanno una celebrazione chiamata “delle lampade” in cui viene pure rappresentata liturgicamente nella chiesa la parabola delle dieci vergini. Tutti i tre giorni commemorano qualche personaggio concreto: al Lunedì Santo viene assegnata la memoria del patriarca Giuseppe, e del fico maledetto da Gesù (Mt 21, 18); Giuseppe è prefigurazione di Gesù: venduto dai suoi fratelli, portato alla sofferenza, esaltato da Dio che lo costituisce salvatore del suo popolo. Per quanto riguarda il Martedì Santo, nella prospettiva del tema dello Sposo, viene considerata la parabola delle dieci vergini (Mt 24-25). Il Mercoledì Santo viene fatta memoria della donna peccatrice che unse i piedi di Gesù (Mt 26,6-13). Al di là dell'identità della donna, che la liturgia non chiarisce, il mistero teologico sottolineato nella liturgia bizantina è quello della donna peccatrice che arriva a contatto col Cristo incarnato, Dio e uomo con le lacrime e con l'olio profumato -simboli ambedue battesimali. Tali simboli risultano essere tanto calzanti quanto più si inseriscono bene anche in un contesto di conversione. 
Due testi centrano l'ufficiatura di questi tre giorni: "Ecco lo Sposo viene nel mezzo della notte, beato quel servo che troverà vigilante, indegno quel servo che troverà negligente! Guarda dunque anima mia, di non lasciarti opprimere dal sonno, per non essere consegnata alla morte e chiusa fuori del Regno! Ma, vegliando, grida: Santo, Santo, Santo tu sei, o Dio; per intercessione della Madre di Dio abbi pietà di noi". Il secondo tropario: "Vedo il tuo talamo adorno, o mio Salvatore, e non ho la veste per entrare. Fa' risplendere la veste dell'anima mia, o tu che doni la luce, e salvami!".  Il tema dell'attesa dello Sposo; i tropari rileggono Mt 25,6: lo Sposo che arriva nel mezzo della notte. L'attesa del ritrovamento tra il vecchio Adamo, cacciato dal Paradiso all'inizio della Quaresima, diventa adesso molto più pressante con l'uso dell'immagine e del tema evangelico dell'arrivo e dell'incontro con lo Sposo, uno Sposo il cui talamo nuziale è unicamente la croce.
Giovedì Santo. Nella tradizione bizantina il Giovedì Santo celebra raggruppati: la lavanda dei piedi, l'ultima cena, la preghiera di Gesù nell'orto e il tradimento di Giuda. I testi dell’ufficiatura riprendono il biasimo alla figura di Giuda traditore non tanto in un compiacersi in esso, bensì per mettere in guardia il cuore di qualsiasi cristiano di fronte alla possibilità di tradimento di Colui che ci ha chiamati, e di noi è diventato servo ed amico: "Preso il pane tra le mani, il traditore in segreto le tende per ricevere il prezzo di colui che con le proprie mani ha plasmato l=uomo: e non si risolleva dal suo male Giuda, servo e l=ingannatore…". La mattina del Giovedì celebra già il vespro, con la liturgia di San Basilio e la lavanda dei piedi –celebrata questa soltanto nelle cattedrali dal vescovo, e nei monasteri.
Vorrei soffermarmi sul tropario che apre l'ufficio del mattutino: "Mentre i gloriosi discepoli erano illuminati nella lavanda -letteralmente nel catino- della Cena (Gv 13,1ss), allora Giuda si ottenebrava (Gv 13,30), l'empio, malato di cupidigia (Sal. 33,22;). E consegna te, il Giudice giusto (2Tim 4,8), in mano ai giudici iniqui. Vedi l'amico del danaro (Gv 12,6), per questo finisce impiccato! (Mt 27,5). Fuggi l'anima insaziabile, che tanto ha osato contro il Maestro. O Signore buono con tutti, gloria a te". I due termini "illuminati" e "lavanda" sono da collocare in un contesto chiaramente battesimale; la lavanda dei piedi dei discepoli è vista quasi come il battesimo dei discepoli che precede la cena eucaristica, e la cena stessa è il luogo di questa lavanda, di quest'illuminazione. I discepoli sono illuminati, mentre Giuda entra nella notte, vista questa come spazio senza luce. 

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