venerdì 12 aprile 2019

Proprio della Projasmena del 12 Aprile 2019 - Lazzaro

VENERDÍ DI S. LAZZARO



Stichirà


Tono pl. 4.
1) Alla conclusione della quaresima benefica per l’anima, * chiediamo di vedere anche, o amico degli uomini, * la santa settimana della tua passione, * per glorificare in essa le tue magnificenze * e la tua ineffabile economia per noi, * cantando concordi: * Signore, gloria a te.

Martyrikón. Stesso tono.

2) Martiri del Signore, * supplicate il nostro Dio, * e chiedete per le nostre anime * molta compassione * e il perdono per le tante colpe: * vi preghiamo.

Seguono 5 idiómela di san Lazzaro. Tono pl. 2.

3) Volendo vedere la tomba di Lazzaro, * o Signore, * tu che ti accingevi ad abitare volontariamente la tomba, * domandi: * Dove lo avete posto? * E appreso ciò che non ignoravi, * chiami colui che ami: * Lazzaro, vieni fuori! * E ubbidí l’esanime * a colui che gli donava il respiro, * a te, Salvatore delle anime nostre. 

4) Signore, sulla tomba del morto da quattro giorni, * sulla tomba di Lazzaro sei venuto, * e, versando lacrime per l’amico, * tu risusciti il morto da quattro giorni, * o spiga della vita. * La morte fu cosí legata alla tua voce, * e dalle tue mani furono sciolte le bende funebri. * Allora fu colmo di gioia lo stuolo dei discepoli, * e dalla bocca di tutti * si elevò un’unica acclamazione concorde: * Benedetto tu sei, o Salvatore, * abbi pietà di noi. 

5) Signore, la tua voce ha distrutto * i regni dell’ade, * e la parola della tua potenza * ha risuscitato dalla tomba il morto da quattro giorni: * Lazzaro è divenuto salutare inizio della rigenerazione. * Tutto è possibile, o Sovrano, * a te che sei Re dell’universo: * dona ai tuoi servi il perdono * e la grande misericordia.

6) Signore, volendo far certi i tuoi discepoli * della tua risurrezione dai morti, * venisti al sepolcro di Lazzaro: * e appena tu lo chiamasti, * l’ade fu spogliato e lasciò libero il morto da quattro giorni * che a te acclamava: * Signore benedetto, gloria a te. 

7) Signore, prendendo con te i discepoli, * ti sei recato a Betania * per risuscitare il tuo amico; * dopo averlo pianto secondo la legge dell’umana natura, * come Dio lo hai risuscitato, * morto da quattro giorni, * ed egli a te, o Salvatore, acclamava: * Signore benedetto, gloria a te. 

Gloria. Idiómelon. Tono pl. 4.

 Stando al sepolcro di Lazzaro, * o Salvatore nostro, * chiamasti il morto e lo ridestasti come da un sonno; * al cenno dell’incorruttibilità, * egli si scosse di dosso la corruzione, * e alla tua parola uscí, legato dalle bende. * Tutto tu puoi, tutto è al tuo servizio, * o amico degli uomini, * tutto è a te sottomesso. * O Salvatore nostro, gloria a te.

Ora e sempre.

Al termine della quaresima benefica per l’anima, * acclamiamo: * Gioisci, città di Betania, patria di Lazzaro; * gioite, Marta e Maria, sue sorelle, * perché domani viene il Cristo * a ridar vita con la sua parola * al vostro fratello morto: * udendone la voce, * l’ade amaro e insaziabile, * tremando di timore e levando alti gemiti, * renderà libero Lazzaro stretto nelle bende. * Stupita dal prodigio, * la folla degli ebrei gli andrà incontro con palme e rami, * e si vedranno i bambini acclamare * colui che i padri invidiano: * Benedetto colui che viene nel nome del Signore, * il Re d’Israele.



Letture


Prokimeno (Sal. 123, 8; 1) 

Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto il cielo e la terra. 
Se il Signore non fosse stato con noi, lo dica Israele. 

Lettura dal libro della Genesi (Capp: 49,33; 50, 1-25)

Quando Giacobbe ebbe finito di dare questo ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati. Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre, pianse su di lui e lo baciò. Poi Giuseppe ordinò ai suoi medici di imbalsamare suo padre. I medici imbalsamarono Israele e vi impiegarono quaranta giorni, perché tanti ne occorrono per l’imbalsamazione. Gli egiziani lo piansero settanta giorni. Passati i giorni del lutto, Giuseppe parlò alla casa del faraone: “Se ho trovato grazia ai vostri occhi, vogliate riferire agli orecchi del faraone queste parole: mio padre mi ha fatto giurare: Ecco, io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi sono scavato nel paese di Canaan. Ora, possa io andare e seppellire mio padre e tornare” Il faraone rispose: “Va e seppellisci tuo padre come egli ti ha fatto giurare”. Allora Giuseppe andò a seppellire suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa, tutti gli anziani del paese d’Egitto, tutta la casa di Giuseppe e i suoi fratelli e la casa di suo padre; soltanto i loro bambini e i loro greggi e i loro armenti essi lasciarono nel paese di Gosen. Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. Quando arrivarono all’Aia di Atad, che è al di là del Giordano, fecero un lamento molto grande e solenne ed egli celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. I Cananei che abitavano il paese videro il lutto di Atad e dissero: “È un lutto grave questo per gli Egiziani” Per questo la si chiamò Abel-Mizraim, che si trova al di là del Giordano. Poi i suoi figli fecero per lui come aveva loro comandato. I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efrom l’Hittita, e che si trova di fronte a Mamre. Dopo aver sepolto suo padre, Giuseppe tornò in Egitto insieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a seppellire suo padre. Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: “Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?” Allora mandarono a dire a Giuseppe: “Tuo padre prima di morire ha dato questo ordine: direte a Giuseppe: perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male! Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!” Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono in terra davanti a lui e dissero: “Eccoci tuoi schiavi!”, Ma Giuseppe disse loro: “Non temete, Sono io forse al posto di Dio? Se voi avevate pensato del male, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento e per i vostri bambini”. Così li consolò e fece loro coraggio. Ora Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; Giuseppe visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione ed anche i figli di Machir, figlio di Menasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuseppe disse ai fratelli: “Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe”. Giuseppe fece giurare ai figli di Israele così: “Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa”. 

Prokimeno (Sal. 124, 1) 
Chi confida nel Signore è come il monte Sion:  non vacilla, è stabile per sempre. 

Lettura dal libro dei Proverbi. (Cap. 31, 8-25; Ecclesiaste: 7, 2-9)

Apri la bocca in favore del muto in difesa di tutti gli sventurati. Apri la bocca e giudica con equità e rendi giustizia all’infelice e al povero. Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito E non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi di un mercante; fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa ad un campo e lo compra E con il frutto delle sua mani pianta una vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. È soddisfatta perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con gli anziani dal paese. Confeziona tele di lino e le vende E fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dell’avvenire. E meglio andare in una casa in pianto che andare in una casa in festa; perché quella è la fine di ogni uomo e chi vive ci rifletterà. E preferibile la mestizia al riso perché sotto un triste aspetto il cuore è felice. Il cuore dei saggi è in una casa in lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa. Meglio ascoltare il rimprovero del saggio che ascoltare il canto degli stolti: perché com’è il crepitio dei pruni sotto la pentola è il riso degli stolti. Ma anche questa è vanità. Il mal tolto rende sciocco il saggio e i regali corrompono il cuore. Meglio la fine di una cosa che il suo principio; è meglio la pazienza della superbia. Non esser facile a irritarti nel tuo spirito, perché l’ira alberga in seno agli stolti.

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