sabato 13 aprile 2019

Domenica delle Palme: descrizione dell'icona

DOMENICA DELLE PALME



    La solennità speciale di questa Domenica viene dall’antica tradizione di Gerusalemme (sec. 4°), dove sul "luogo stesso", proclamando l’Evan-gelo dell’evento, la Chiesa celebrava il Vespro facendo la "stazione" dalla basilica dell’Eleona, sul Monte degli Olivi. Poi in processione con tripudio di canti e reggendo le palme, la Comunità si recava alla basilica dell’Anástasis, visitando il luogo del Golgota; quindi si celebrava la Divina Liturgia di S. Giacomo (greca). Cominciava così la Settimana più densa dell’anno quanto a contenuti evocativi e celebrativi.
    Le note che risuonano oggi formano un’intensa sovrapposizione di gioia per la Gloria del Signore che si manifesta, e di profonda meditazione sul senso che la Passione prossima ha per Lui, per tutti i fedeli redenti e santificati, per il destino del mondo.

T. Federici: “Resuscitò Cristo” Commento alle letture della Divina Liturgia Bizantina
Eparchia di Piana degli Albanesi - Palermo 1996


DESCRIZIONE DELL’ICONA

Lo schema iconografico di questa icona è stato sempre lo stesso col passare dei secoli e questo perché ha avuto come unico elemento di riferimento il racconto degli Evangelisti.

L’icona colloca al centro Gesù sul puledro mentre entra in Gerusalemme. Alla sua sinistra si vede una montagna e due case che emergono da un muro di recinzione. Alla base della montagna c’è una grotta da cui fuoriescono i discepoli. Al centro si vede l’albero da cui i ragazzi tagliano i rami per festeggiare l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Altri ragazzi stendono ai piedi di Gesù i loro mantelli per accogliere il messia re. A destra c’è il popolo che accoglie Gesù con i rami di ulivo mentre entra nella città di Gerusalemme che è raffigurata tutta circondata da possenti ed alte mura.

Veniamo ora alla descrizione dei particolari dell’icona.
Le due case che si vedono a sinistra in alto sulla montagna, stanno ad indicare il villaggio di Bètfage da dove parte Gesù. Leggiamo infatti nei vangeli: Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: “Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui. E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno”. Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto. Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: “Perché sciogliete il puledro?”. Essi risposero: “Il Signore ne ha bisogno”. (Lc 19,29-35).

“Non considerate questo fatto come una cosa di poco conto, - commenta Giovanni Crisostomo – chi può persuadere delle persone, verosimilmente povere e che si guadagnano la vita con il loro lavoro, a lasciarsi portar via i loro animali, forse unica loro proprietà, senza opporsi? Ma perché dico senza opporsi? Anzi, senza neppure dire una parola, o quanto meno, dopo aver chiesto il motivo tacendo e acconsentendo. Mi sembra, infatti, che nell’uno e nell’altro caso il comportamento di costoro è ugualmente ammirevole, sia che non abbiano fatto resistenza quando vennero portate via le bestie, sia che – dopo aver chiesto e avuto la spiegazione degli apostoli: il Signore ne ha bisogno – abbiano acconsentito, pur non vedendo il Signore, ma solo i suoi discepoli”.
I due discepoli condussero il puledro da Gesù e gettati i loro mantelli sull’animale, vi fecero salire Gesù. Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zac 9,9).

Il puledro della nostra icona procede baldanzoso, perché “Cristo, - commenta il Crisostomo – in questa occasione adempie due profezie: una mediante i suoi atti, e l’altra con le parole. Adempie la prima profezia cavalcando un’asina; e la seconda, realizzando le parole del profeta Zaccaria, il quale aveva preannunziato che il re avrebbe cavalcato un’asina. E, nell’adempiere l’antica profezia, ne avvia una nuova, prefigurando con i suoi atti ciò che sarebbe accaduto in avvenire: la chiamata dei gentili alla salvezza. Infatti i gentili erano considerati come animali impuri come lo è l’asino nella religione ebraica. In mezzo a loro egli si riposerà ed essi verranno a lui e lo seguiranno. Così la realizzazione di una profezia segna l’inizio di un’altra.

L’asino rappresenta l’elemento istintivo dell’uomo, una vita che si svolge tutta sul piano terrestre e sensuale. Lo spirito cavalca la materia che gli deve essere sottoposta, come Cristo cavalca l’asina. 
Nella Bibbia troviamo un episodio simile a quello dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme. È quello che si riferisce alla tormentata successione e intronizzazione di Salomone quale successore di Davide sul trono di Israele. Leggiamo nel libro dei Re: “Il re Davide fece chiamare il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà. Costoro si presentarono al re, che disse loro: “Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon. Ivi il sacerdote Zadòk e il profeta Natan lo ungano re d’Israele (1Re 1,32-34). Gesù, quale discendente di Davide, viene introdotto anche lui su un puledro figlio d’asina, ad occupare il posto di Re che gli era stato preparato. 

La domenica delle Palme è la festa dei bambini e l’iconografia dedica loro grande attenzione. Essi non si chiedono “Chi è costui?”, sono invece coloro che con le loro grida: “Osanna al figlio di Davide” suscitano l’indignazione di scribi e farisei. “Con la bocca dei bambini e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli” (Sal 8,3).

La montagna e i discepoli

La montagna che si erge sulla sinistra è il monte degli Ulivi da cui Gesù scese per entrare a Gerusalemme; numerosi, tuttavia, sono i suoi significati simbolici che in questa icona vengono espressi. Essa culmina in una cima con due punte perché si vuole sottolineare che nell’unica persona del Cristo ci sono due persone: quella divine e quella umana. È la montagna messianica che si ergerà contro quella di Sion. Sta scritto, infatti: “Il monte della casa del Signore sarà stabilito in cima ai monti e si alzerà al di sopra delle colline. Egli alzerà la mano contro il monte della figlia di Sion” (Is 2,2. 10,32). Guardando l’intera rappresentazione, la montagna si contrappone a Gerusalemme, la città chiusa entro le mura. Gesù in groppa al puledro guarda Gerusalemme, ma tutta la sua persona è volta verso la montagna, verso gli apostoli, il popolo nuovo. Il Crisostomo dice che “qui il puledro raffigura la Chiesa e il popolo nuovo che fin a quel momento era impuro e che diviene puro, quando Gesù si siede su di esso”. E continua osservando: “Notate qui come si mantiene il rapporto tra l’immagine e la realtà. Gli apostoli che sciolgono gli animali: sono infatti gli apostoli che hanno chiamato sia gli ebrei sia noi alla fede; e per mezzo loro siamo stati condotti a Cristo”.
Ai piedi della montagna si apre un antro da cui sembrano uscire al seguito di Cristo gli apostoli. Esso rappresenta la grotta del monte degli Ulivi “in cui insegnava il Signore” secondo quanto è testimoniato nel Diario della pellegrina Egeria. La grotta è una voragine nera, perché raffigura simbolicamente le tenebre. E i discepoli incarnano il popolo che camminava nelle tenebre che vide una grande luce, “su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). Essi sono il popolo nuovo, rinnovato nella luce di Cristo.

La palma e Cristo

Sulla linea verticale che scorre idealmente al centro dell’icona vi è in primo piano il Cristo e, sullo sfondo, la palma da cui i bambini traggono dei rami per fare festa al Figlio di Davide. A Gerusalemme, ancora nella metà del secolo IV, vi era una tradizione che indicava la palma da cui erano stati staccati i rami per correre incontro al Cristo. Nelle Catechesi di Cirillo di Gerusalemme leggiamo: “Molti sono i veri testimoni di Cristo (…). Testimonia la palma che si trova nella valle e che fornì i rami ai fanciulli che allora inneggiarono a lui”. La presenza della palma in questa raffigurazione non è solamente un richiamo ad una realtà storica ma anche un elemento simbolico che si riferisce alla profezia di Isaia: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli (…) In quel giorno il Signore stenderà di nuovo la mano per riscattare il resto del suo popolo”. (Is 11,1-2. 11,10-11).
La palma è immagine del Cristo che colma il vuoto tra il monte di Dio, la Divinità, e la città, l’umanità.

La tunica del Cristo è di color porpora regale, mentre il suo mantello blu con riflessi dorati mostra la sua maestà. Ha tra le mani il rotolo dei nostri debiti, “il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli.

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